Riflessioni

Due pesi e due misure

I mercati sono ai massimi di sempre e non accennano a cambiare marcia.
Questo sta creando ansia d’attesa tra i trader i quali da una parte hanno timore di entrare a prezzi così storicamente elevati, dall’altra hanno paura di rimanere fuori dalla festa.

C’è però un altro punto. Leggendo in giro, l’impressione generale è che l’attesa non sia per una correzione, normale e salutare a questo punto, ma per un nuovo, interminabile e disastroso Bear market.
Ciò è a mio parere dovuto ad almeno due ragioni: la prima è che negli ultimi tredici anni abbiamo assistito a due tra i più potenti Bear markets della storia. I trader che si sono affacciati ai mercati dal 2000 ad oggi, e cioè la stragrande maggioranza di quelli attualmente operativi, sono “cresciuti” in un ambiente dove quando si scende non lo si fa per così dire, ma si perdono 1000 punti di indice americano o 30.000 di quello italiano. C’è insomma una sorta di difetto ottico sortito dall’aver dovuto sopravvivere a due guerre in un lasso di tempo veramente breve.
La seconda ragione che giustifica la paura che il rialzo in atto dal marzo 2009 si concluderà con una rovinosa discesa è data dalle motivazioni per cui i mercati salgono: il mercato è drogato dalla liquidità massiccia delle banche centrali e non appena queste smetteranno di “spacciare” liquidità non si potrà che tornare a livelli di mercato molto più bassi.
Può essere, naturalmente, ed anzi quantomeno una parte di ragione in questi pensieri c’è.

Cambio apparentemente discorso mostrando il gafico di Johnson&Johnson

Dall’inizio del 2002 alla fine del 2012, quindi per 11 anni, il titolo ha veleggiato sotto una pluriennale resistenza posta a 70 dollari. Ha tentato per due volte, nel 2005 e nell’estate del 2008, a superarla senza riuscirci e ritracciando quindi verso i 50 dollari.
Johnson&Johnson, insomma, è rimasta compressa nella fascia di prezzi tra 50 e 70 dollari per undici lunghissimi anni.
Credo non ci sia trader che di fronte al superamento della resistenza a 70 dollari, che ha dettato legge per 11 anni, non si sarebbe messo long sul titolo ad occhi chiusi.

C’è qualcuno long su Johnson&Johnson e che trema al pensiero che il titolo rovinerà imminentemente verso il basso? Posto che qualsiasi cosa può accadere, non c’è ragione di pensarlo. Il titolo ha superato una barriera pluriennale dopo aver accumulato per 11 anni. Le probabilità sono grandemente a favore del nostro eventuale long.

Ma torniamo ai mercati.

Anche l’S&P500 è rimasto compresso dal 1996 tra i 750 e i 1550 punti. Ed anche in questo caso, il tentativo di superare la barriera a 1550 punti ha provocato i due rovinosi Bear markets del 2000 e del 2008, che hanno avuto come corollario la Dot.com Bubble e il Credit Crunch. E’ storia recentissima il comportamento dell’indice guida di tutti i mercati del mondo, una volta superata la pluriennale barriera a 1550 punti.

Non ci sono differenze tra i due esempi riportati.
Johnson&Johnson era in trading range, tra un supporto e una resistenza pluriennale come S&P500.
Il tentativo fallito di superare la resistenza ha provocato rovinose discese nel titolo e nell’indice.
Il superamento, di forza, della resistenza ha portato il titolo e l’indice a nuovi massimi.

Eppure nessuno ha timore che Johnson&Johnson crolli, mentre quasi tutti aspettano un nuovo Bear market che punirà i colpevoli bagordi
degli ultimi (quasi) quattro anni.
La differenza è psicologica. Le scale di valori che abbiamo preso in considerazione sono enormemente differenti: un solo titolo contro un intero mercato. Se Johnson&Johnson crollasse, se addirittura fallisse, ne pagherebbero le conseguenze solo chi ci lavora e chi ci ha investito, mentre qualsiasi cosa accada all’indice, le conseguenze si riverserebbero sul mondo intero.

D’accordo.
Ma è questa una buona ragione per ritenere che l’analisi tecnica dell’S&P500 risponda a criteri diversi dal resto dello scibile borsistico?
Forse no.

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