Gestione del portafoglio

Quanto costa investire?

I fondi comuni d’investimento sono stati diffusamente e giustamente criticati sia perchè molto raramente riescono a battere il loro benchmark di riferimento sia per i loro elevati costi, espliciti e impliciti.
E’ questo il motivo della grande diffusione degli ETF, i quali non si propongono di battere il benchmark (che comunque non viene battuto dai fondi) ma di replicarlo con costi di gestione molto ridotti.
Tuttavia, ogni portafoglio ha un proprio costo di gestione che, prendendo a prestito un termine coniato per i fondi, è noto come il Total Expense Ratio (TER). Infatti, la creazione e la gestione di un portafoglio di titoli non ha come unica possibilità di perdere denaro la diminuzione dei prezzi dei titoli acquistati. L’acquisto dei titoli stessi, infatti, comprende di per sè il sostenimento di una spesa attraverso le commissioni che si pagano al proprio broker.
Quando decidiamo di aprire un nuovo portafoglio, quindi, è importante calcolare preventivamente quale sarà il suo TER, ovvero quanto dovremo spendere ogni anno in commissioni e/o altre spese solo per poterlo creare e mantenere nel tempo.
Nella nostra imprenditorialità di investitori, quindi, il TER va considerato come l’inevitabile costo di gestione della nostra attività così come un negoziante deve calcolare il costo dell’affitto del locale, delle spese di energia elettrica, riscaldamento eccetera, necessari e inevitabili per aprire e condurre la propria attività.
A formare il TER di un portafoglio di titoli concorrono diverse voci:
– le commissioni
– eventuali abbonamenti a siti internet, riviste, ecc.
– le tasse sul capital gain e/o sui dividendi percepiti
– il costo dell’abbonamento per il feed di dati di borsa dal proprio broker, della piattaforma, ecc.

Insomma, investire è un’impresa come un’altra e come ogni impresa non solo può fallire ma ha dei costi obbligati e inevitabili di conduzione e di gestione.

Calcolare il TER di un nuovo portafoglio è estremamente importante perchè dal suo valore potremmo essere in grado di decidere che non vale la pena crearlo, così come un negoziante dopo aver studiato il problema, decide che non vale la pena aprire un negozio in una certa zona della città perchè poco frequentata o perchè c’è già una forte concorrenza.
Facciamo degli esempi:
un sito di Borsa offre segnali per un portafoglio di dieci titoli americani, al costo di 20 euro al mese. Le performance raggiunte fin’ora da questo portafoglio sono allettanti ed il costo di 20 euro al mese per un ritorno dell’8% all’anno ci sembra un ottimo investimento.
Su questo portafoglio vorremmo però investire non più di 10.000 euro perchè si tratta di un portafoglio con titoli piuttosto volatili.
Prima di farci prendere la mano, facciamo i nostri conti e decidiamo se questo nuovo portafoglio ha un costo, cioè il nostro TER, ragionevole.
Il TER del nostro nuovo portafoglio sarà quindi composto da:
1) il costo dell’abbonamento al sito per ricevere i segnali:
20 euro al mese X 12 mesi=240 euro
2) il costo delle commissioni per poter comprare e rivendere i titoli. Ipotizziamo sulla base dei dati storici forniti dal sito 20 compravendite all’anno al costo di 6 euro l’una, quindi
20*6=120 euro

Abbiamo quindi un dato importante: il nostro nuovo portafoglio ci costerà solo per tenerlo aperto 240+120= 360 euro all’anno che rappresentano il TER.
E’ tanto? Conviene?
Abbiamo detto che su questo portafoglio non vogliamo investire più di 10.000 euro, quindi se per investire il nostro capitale dobbiamo spendere 360 euro all’anno, significa che ogni anno spendiamo il 3,6% del capitale iniziale solo per operare
Cominciamo ad arricciare il naso: se ogni anno spendo il 3,6% del mio capitale solo per poter mantenere l’investimento, significa che il mio portafoglio deve rendere annualmente più del 3,6%, altrimenti sarò in perdita.
I dati storici del sito, che prendiamo con molte pinze, riportano un guadagno annuo dell’8%. Quindi, se tutto va bene, il nostro guadagno sarà del 8%-3,6%= 4,4%, una percentuale netta di tutto rispetto.
E’ finita qui? No, c’è ancora qualcosa che dimentichiamo quasi sempre: l’inflazione.
Stimiamo, e siamo forse in difetto, che l’inflazione nei prossimi anni si manterrà sul 2% annuo. Un tasso che va ad erodere il nostro potenziale (ricordiamo che è potenziale, non ce lo assicura nessuno) guadagno netto calcolato prima del 4.4%, portandolo al 2.2%. Questo guadagno, cominciamo a ragionare, potremmo però ottenerlo anche investendo in un BTP e lasciarlo li senza tanti costi di gestione, abbonamenti, rischi impliciti con l’investimento azionario e tempo necessario per seguirlo.
Inoltre il 4.4% del BTP è garantito (rischi di default a parte) mentre quello del nostro portafoglio azionario non lo è.
Potremmo allora rendere più allettante il nostro investimento azionario aumentando il capitale da investire. Se, per esempio, lo raddoppiamo (da 10 a 20.000 euro) il nostro TER si dimezza perchè i costi di abbonamento al sito e commissioni (immaginandole fisse) rimangono uguali. Avremo quindi un potenziale guadagno del 6.21% che diventa 4.21% al netto dell’inflazione, rendendo il tutto più interessante ma quasi la metà di quell’8% che pensavamo di instascare leggendo le performance del sito.
Questo era un esempio per dire che prima di aprire un nuovo portafoglio dobbiamo fare un po’ di conti e non lasciarci abbindolare dai guadagni: i guadagni sono sempre potenziali e non possiamo prevederli, i costi sono invece sempre reali e possiamo calcolarli con ottima precisione.

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